PIANO ARIA E CLIMA
#PianoAriaeClima Raccolta pubblica di osservazioni
I a.2.1) Gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico a Milano
L’inquinamento atmosferico è il primo fattore ambientale di rischio per la salute dei milanesi. A Milano, come nel resto della Pianura Padana, si stima che ciascun abitante perda tra i 2 e i 3 anni di vita per l’esposizione a concentrazioni degli inquinanti atmosferici superiori ai valori-limite OMS.
I soggetti più colpiti dalle conseguenze sanitarie di una cattiva qualità dell’aria sono le persone fisiologicamente più sensibili: i bambini, gli anziani, chi è affetto da malattie croniche, le donne in gravidanza, i nascituri. Ma la qualità della vita di tutta la popolazione è compromessa.
Anche i procedimenti aperti contro l’Italia dalla Commissione UE (nel 2018 e 2019) per il superamento dei valori-limite di PM10 e biossido di azoto (NO2) dimostrano la necessità di migliorare la qualità dell’aria a Milano.
Numerosi studi clinici, tossicologici ed epidemiologici documentano gli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico. Il 17 ottobre 2013 l’International Agency for Research on Cancer (IARC, agenzia specializzata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha classificato l’inquinamento atmosferico fra gli agenti definiti “sicuramente cancerogeni per gli esseri umani” (Gruppo 1): l’esposizione alle sostanze inquinanti presenti in atmosfera provoca il cancro ai polmoni e aumenta il rischio di sviluppare altri tipi di tumore, per esempio quello alla vescica. Ciò vale in particolare per il particolato atmosferico, una delle componenti principali dell’inquinamento dell’aria, generalmente noto con gli acronimi PM, PM10 o PM2,5.
Studi più recenti hanno dimostrato che la frazione più fine del particolato (le particelle ultrafini, UFP, e le nanoparticelle, NP, a oggi non ancora regolamentate) è in grado di penetrare più profondamente nell’organismo, trasportando composti tossici a tutti gli organi vitali (sistema nervoso, cervello ecc.). La nanoparticella nota come “black carbon” (BC; generalmente equiparabile all’“elemental carbon” o EC) è una delle frazioni più tossiche del particolato, in quanto “adsorbe” (fenomeno di accumulo di sostanze con interazione chimico-fisica) anche idrocarburi policiclici aromatici (gli IPA).
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i valori-limite della normativa europea (Direttiva 2008/50/CE) sono insufficienti a escludere gli effetti sanitari dell’esposizione a breve e a lungo termine all’inquinamento atmosferico. In particolare, il limite europeo per il particolato atmosferico oggi è molto superiore ai valori forniti dall’OMS nelle Linee-guida sulla qualità dell’aria.
L’esposizione al PM2,5, NO2 e O3 è maggiore nell’area milanese, come si osserva nella figura 6 che illustra la Valuta- zione Integrata Inquinamento Atmosferico e Salute (VIIAS). La Lombardia ha registrato il record dei decessi attribuibili a concentrazioni di PM2,5 e NO2 oltre i valori-limite. Le figure illustrano i decessi per cause non accidentali attribuibili al PM2,5 per 100.000 residenti (celle di 4x4 km) nel 2005, 2010, 2020 (assumendo una legislazione invariata rispetto al momento di formulazione della stima) e in due scenari-target 1 e 2.
VEDI PRIMA IMMAGINE ALLEGATA (Figura6)
Nella figura 7, anche la variazione percentuale a posteriori della mortalità attribuibile a un aumento di 10 µg/m3 del PM10 (2003-2006) rivela che per mortalità legata all’inquinamento atmosferico Milano supera le altre città lombarde.
VEDI SECONDA IMMAGINE ALLEGATA (Figura7)
Lo studio nazionale del progetto EpiAir2 indica, per il 2006-2010, 134 decessi/anno imputabili ai soli effetti di breve termine dell’inquinamento atmosferico a Milano (Alessandrini et al., 2013). A questi vanno sommati quelli a lungo termine, di valutazione più complessa. Uno studio specifico per la città di Milano dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute, nel 2004-2009, condotto dal Dip. Epidemiologia dell’ASL, stima 550 decessi/anno attribuibili all’inquinamento atmosferico: di questi, 422 risultano legati alle concentrazioni di NO2 superiori all’attuale valore-limite UE (Bisanti L., 2012).
Ai problemi legati all’esposizione a inquinanti di tipo diffuso vanno sommati i danni sociosanitari ed economici relativi all’esposizione al “traffico di prossimità”, ossia la residenza o permanenza in aree ad alto traffico veicolare, caratterizzate dalla presenza in atmosfera di inquinanti “primari” di notevole tossicità.
A questa esposizione si associano effetti sulla salute acuti e cronici, con importanti costi socioeconomici per aumento di mortalità e frequenza di problemi cardiovascolari, polmonari e respiratori, ma anche per ricoveri ospedalieri, bronchiti croniche, asma e uso di broncodilatatori nei bambini, giorni di ridotta attività e giornate di lavoro perse.
Un’analisi dell’esposizione dei milanesi alle emissioni di elemental carbon (un composto che corrisponde quasi esatta- mente al black carbon) da traffico di prossimità, condotta nel 2015 nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) comunale, ha mostrato che l’87% della popolazione di Milano risiede a meno di 75 m da un asse stradale. La letteratura scientifica ritiene questa distanza discriminante per alcuni importanti effetti sanitari, che riguardano in particolar modo i bambini. Lo studio rivela poi che ben il 79% della popolazione studentesca e il 38% dei ricoverati in ospedale sono esposti al traffico di prossimità.
Considerati gli effetti dell’esposizione al traffico di prossimità, è necessario ridurre le emissioni generate da questa fonte. Questo porterà importanti benefici ambientali, sanitari e socioeconomici.
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